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Salonicco - Smash Fortress Europe
Raramente, nei numerosi controvertici che animano e agitano l’Europa, si è vista una città rispondere all’appello del boicottaggio del summit in maniera così eloquente e chiara
autore Autori vari
citta' salonicco data 25/11/2004
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durata 00:59:33 (hh:mm:ss) cd 61 grandezza 447.98 Mb lingua en mime type avi divx (video/avi) Salonicco, la barricata
Un grande golfo, un porto industriale, un milione di abitanti arroccati in un dedalo di piccole vie che salgono verso una fortezza battuta dal sole. Salonicco, capoluogo della regione macedone, attende il vertice UE, il summit di chiusura della presidenza greca, e lo fa orgogliosamente. Ma la fierezza che esprime non è quella servile, ipocrita e formale dei benvenuti ai leader europei, ma quella genuina e rozza, quindi tipicamente ellenica, della consapevolezza di essere un baluardo della lotta anticapitalista. L’aria di mare portata dal forte vento che batte la riva si mischia all’atmosfera febbrile che anticipa i giorni della mobilitazione europea. Salonicco, la Salonicco popolare, del porto, della zona industriale, dei quartieri poveri, dei vecchi pescatori e dei giovani immigrati albanesi e macedoni, afferma il suo rifiuto in ogni muro della città. Ogni via, dal casello autostradale ai vicoli del centro, è tappezzata di manifesti, striscioni, pannelli, stendardi, bandiere, scritte e murales. Il grido contro i potenti d’Europa sembra già montare, crescere e fuoriuscire dai mattoni e dal cemento della città stessa. Raramente, nei numerosi controvertici che animano e agitano l’Europa, si è vista una città rispondere all’appello del boicottaggio del summit in maniera così eloquente e chiara. Il vertice di Salonicco è un passo fondamentale, e non solo formale, per la costruzione della Fortezza Europa. Le sempre più fitte collaborazioni e relazioni del capitalismo europeo necessitano urgentemente di regole (temporanee e flessibili come tutte le “regole” del capitalismo) entro cui svilupparsi, stabilizzarsi e formalizzarsi. L’Europa dei mercati, e delle grandi e medie imprese che la compongono, ha il dovere, visto il quadro internazionale dove la Potenza USA spadroneggia, di vestirsi politicamente e presentarsi ai suoi cittadini. Salonicco dunque come tappa fondamentale, forse inferiore nell’agenda dei vertici solo a quella di Roma, per la burocratizzazione dei vincoli economici e politici già determinati. Ma non solo. È forse il primo vertice dove le politiche “sociali” comuni cominciano a prendere paurosamente forma. Infatti dietro il paravento della Grande Costituzione, si approvano e si accordano strategie poliziesche e militari: per il controllo lungo i confini della Fortezza, per la sorveglianza dei privilegiati abitanti all’interno, per gli attacchi “umanitari” e le conquiste di nuove terre all’esterno. Sistemi di tecnovigilanza, europolizia e l’eurojustice department, l’esercito comune e l’allargamento dell’Europa ad est: ecco, infatti, la triste agenda dell’incontro. Tanto infame il contenuto del vertice dei Potenti, tanto radicale la resistenza che si autorganizza: per vederla, basta entrare al Politecnico. L’università è il centro di convergenza e di accoglienza per i giorni della convocazione internazionale. Se le strade di Salonicco sono gonfie di manifesti, i muri dell’università sembrano esplodere in una babele traboccante e multiespressiva, quasi non potendo contenere la furia grafica e creativa delle migliaia di attivisti e attiviste radunatisi. Dall’alto di Teologia, presa dall’Antiauthoritarian Movement, verso la grande strada di Odos Egnatia, campeggia enorme uno striscione con scritto in più lingue “SMASH CAPITALISM”. Questo edificio è gestito da parecchi anarchici di Salonicco e ospita quasi tutte le federazioni anarchiche d’Europa giunte. Nella facoltà si tengono numerosi dibattiti e workshop organizzati tra l’altro dai gruppi anarcofemministi del nord Europa, dall’Antifa svedese, dal Laboratorio Autonomo di Atene. Formando una U, dopo il lato dell’edificio di Teologia, sorge la facoltà di Filosofia e infine chiude Legge. Filosofia viene occupata il 17 giugno da decine di anarchici e viene ribattezzata Black Bloc Squat. Qui si concentrano moltissime individualità anarchiche, cani sciolti, e gruppi d’affinità slegati dai gruppi storici o organizzati, e provenienti principalmente dalla Francia, dalla Spagna, dai Baschi e dall’Italia. Nonostante una gestione dello spazio piuttosto movimentata, per le forti differenze e tensioni che lo attraversavano, segnaliamo un interessante e seguito dibattito che vi si è tenuto: “Un’altra guerra è possibile, la guerra sociale. Il conflitto anarchico e il movimento noglobal”. Nell’ultimo edifico, cioè nelle aule di Legge ed Economia, vi si è installato il Media Center, il Medical Team e il Legal Team, cioè tutti quei gruppi di copertura tecnica che si affiancano nei giorni di protesta. All’interno dello spazio creatosi fra questi tre edifici è montato un palco per i concerti serali e una cucina collettiva. Oltrepassato il Media Center invece ha preso vita un coloratissimo campeggio: sono principalmente decine di nordeuropei della Noborder Caravan, molti provenienti dal campeggio di frontiera di Timisoara; anche loro hanno installato una cucina collettiva gratuita. Dopo questi ultimi si apre invece il nutrito campeggio degli anarchici ateniesi e della loro area (ben diversa dalle altre presenti). Insomma, migliaia di anarchici e anarchiche popolano il campus, mille storie, centinaia di gruppi, tante differenze quasi sempre testardamente sottolineate che però si perdono e si fondono nell’andirivieni continuo, formicolante di attivisti che si incontrano e socializzano nell’università. Diffusa è l’energia della consapevolezza di essere nella parte giusta della barricata e, questa volta più che mai, di esserci veramente in tanti. Giovedì 19 giugno è un bel giorno di sole per gridare in migliaia che vogliamo un mondo senza frontiere, e che faremo di tutto per ottenerlo. Mentre il corteo delle sinistre istituzionali, staliniste e extraparlamentari (tutte insomma), sfila con le sue centinaia di bandiere rosse chiedendo accoglienza, integrazione e politiche sociali per i migranti, il blocco nero degli anarchici esce dall’università. Cinquemila attivisti da tutta Europa, una vera e propria massa nera, sfilano compatti e autodifesi (perché si temono provocazioni della polizia); è un corteo determinato e radicale che focalizza la solidarietà con i/le migranti con la lotta anticapitalista per l’abbattimento dal basso di ogni confine, ogni stato, ogni lager. La manifestazione parte da dentro l’ateneo e raggiunge i quartieri più poveri di Salonicco, dove si aggregano immigrati e bambini del posto. Lo striscione alla testa del corteo è eloquente e ben sintetizza lo spirito che pervade il blocco: “Nel mondo dei padroni siamo tutti stranieri”. La scritta, rossa e nera, è ripetuta in arabo, cirillico, albanese, inglese e greco. Gli slogan ricordano che gli unici nemici dei Balcani sono ministeri e banche e non le diverse nazionalità. Nel complesso quindi una manifestazione soddisfacente, partecipata, sentita e vissuta. L’immagine delle vie di Salonicco gonfie e straripanti di anarchici/e il sorriso delle persone affacciate ai balconi (per nulla intimorite) e dei bambini aggregati, resterà uno dei ricordi più gioiosi e intensi del controvertice. Il mattino del venerdì 20 giugno è uno di quelli caricatissimi di tensione. Intorno alle 8:00 centinaia di attivisti, soprattutto dei gruppi che sostavano a Teologia e dell’Antiauthoritarian Movement, si riuniscono per partecipare all’assedio di Porto Carras, 120 km da Salonicco, dove i Potenti si devono riunire. Nei giorni precedenti animate e travagliate discussioni avevano attraversato l’ateneo e il campeggio anarchico. L’assalto alla zona rossa e il corteo con i comunisti dei partiti e il Social Forum sono stati considerati da molti come dei “ritualismi” evitabili, anche perché presentano una tattica militare collaudata ad alto rischio di feriti e spesso improduttiva (parliamo dello scontro frontale con la polizia). Altre critiche vertono invece soprattutto sulla sgradita presenza in piazza degli stalinisti, dei sindacati e del Forum. In ogni caso, benché gran parte degli anarchici resti al campeggio, una dozzina di pullman partono e raggiungono Neos Marmaras, il paese più vicino a Porto Carras. Circa ottomila persone sono lì riunite, il blocco nero è composto da circa mille attivisti. Bastoni, pietre, fionde e maschere antigas girano e si diffondono fra gli spezzoni (non solo in quelli degli anarchici) e il corteo si prepara a fronteggiare la polizia di guardia ai due lussuosi alberghi. Centinaia di guardiani, infatti, sono schierati in tenuta antisommossa lungo il perimetro degli alberghi, anche in mezzo ai campi, mentre la marina militare pattuglia le acque presso la spiaggia. L’Iniziativa di Lotta Thessaloniki 2003 va in testa ad un corteo che punta direttamente all’ingresso principale sul versante del mare; i Disobbedienti (circa duecento che marciano davanti con gli scudi di camere d’aria) e il blocco nero vanno a prendere il complesso alberghiero alle spalle, in mezzo ai brulli campi delle colline greche, ricoperte di ulivi e vigne. Le scene successive sono quelle previste. I Disobbedienti caricano il fitto schieramento di agenti con i gommoni e le uova piene di vernice. Vengono respinti bruscamente dopo alcuni minuti di resistenza e parte quindi la controcarica del blocco nero. Lo scontro su alcune centinaia di metri di campo aperto va avanti per un’ora circa, con cariche e una buona resistenza. Alla fine però l’uso massiccio di gas e bombe urticanti, alla lunga, indebolisce il corteo che è costretto a ritirarsi quando le cariche iniziano ad arrivare anche dai campi e dalle colline ai fianchi. Anche dal mare la polizia carica e respinge l’altro corteo. Fortunatamente non ci sono feriti gravi, ma decine di persone rimangono intossicate dai lacrimogeni. Noi nel caldo soffocante, con la gola arsa dai gas, per un mondo migliore; loro in albergo di lusso, con l’aria condizionata, impegnati a saccheggiarlo. Infatti dentro gli alberghi di Porto Carras i capi di stato riunitivisi stabiliscono i nuovi patti della Fortezza: finanziano con 140 milioni di euro i sistemi di controllo digitale del SIS II e del VIS (database di informazioni sugli indesiderati nell’UE, con tanto di dati biometrici – DNA, scansione dell’iride e impronte digitali); stanziano 250 milioni di euro per creare “campi di transito” ai confini della Fortezza (a Cipro e in futuro forse anche a Malta) dove rinchiudere e respingere più velocemente i clandestini; creano un agenzia per “coordinare” gli accordi finora bilaterali fra gli stati UE e i paesi di origine degli immigrati, dando premi (in soldi e mezzi militari di polizia) e “asili omaggio” a quegli stati (tipo l’Egitto) che assicureranno una lotta alle migrazioni in terra propria; si sono impegnati per far nascere, entro il 2004, l'Agenzia Europea della Difesa, il dipartimento di sicurezza europeo che combatterà il “terrorismo” (cioè militarizzerà e sorveglierà le nostre vite e attaccherà altre terre); hanno approvato, infine, la bozza di costituzione scritta da Giscard D'Estaing che verrà elaborata a Roma dalla Conferenza Intergovernativa il 15 ottobre. Eccola la nuova Europa. E infine il sabato 21 giugno, la giornata delle azioni al centro di Salonicco. Il corteo del KKE attraversa la città il mattino, con 120.000 persone al suo seguito. Altre iniziative, con migliaia di partecipanti, fervono per tutto il pomeriggio. L’aria che tira al campus è tesissima. Il blocco di quattromila anarchici che esce dal Politecnico ha una potenza bellica impressionante, mai vista finora a un corteo antimondializzazione. Anche questa volta numerose divergenze (politiche e tecniche) hanno preceduto il corteo, ma alla fine si è deciso per puntare al consolato USA. Dopo alcune centinaia di metri dall’Università l’azione diretta di alcuni gruppi colpisce una banca, un negozio hi-fi, un Mc Donald’s. Partono le cariche della polizia, il corteo per la prima oretta regge bene respingendo molotov dopo molotov tutti gli attacchi degli agenti. Alla fine però, dopo almeno una decina di cariche, il blocco si sfalda e si tronca in tre parti. I gruppi diventano via via sempre più piccoli e la polizia moltiplica le cariche e l’uso dei gas urticanti e lacrimogeni. Il caos domina le piazze e le strade, chi può ripiega all’università e vi si barrica. Per due ore da dentro l’ateneo i dimostranti si scontrano con sassi e bottiglie incendiarie con la polizia che tenta di avvicinarsi. Fortunatamente, evitando così un massacro, la costituzione greca vieta l’ingresso alle forze dell’ordine nelle università, vigendo in queste il diritto di asilo, stabilito dopo il massacro del 17 novembre del ‘73. La polizia chiede di entrare ugualmente, ma la Commissione per l’asilo (composta da studenti e autorità accademiche) non lo revoca e quindi le forze dell’ordine si “limitano” ad assediare le facoltà e a schedare chiunque nella notte esca di lì. Gli scontri della giornata e la resistenza all’università hanno segnato molto l’immaginario e la coscienza di chi vi ha partecipato, portando inevitabilmente a riflettere sulla pratica dell’azione diretta diffusa. Chi stabilisce il limite fra l’azione simbolica e l’attacco frontale? Fin dove lo spontaneismo paga sull’organizzazione? Fino a quando nello scontro l’individualità deve cedere alla collettività, e viceversa? Dove e come si coglie la differenza fra il “riot” e la violenza politica? Quali conclusioni, strategie e tattiche assumere, allora, alla luce della disfatta nello scontro con la polizia? Domande che lasciamo, così come ce le portiamo dentro, senza risposta, ponendole al centro del dibattito di chi se le è vissute e le vuole condividere, senza ideologie a sostenere precostituite tesi. La repressione nelle piazze, che novità!, ovviamente è stata pesantissima. La domenica del 22 giugno un centinaio di attivisti si riuniscono sotto il Palazzo di Giustizia per chiedere la scarcerazione degli 80 fermati del sabato. Vengono immediatamente accerchiati da centinaia di poliziotti, poi vengono caricati, gasati e arrestati. Alla fine la polizia greca arresta ufficialmente 29 persone, di cui 2 minorenni che verranno scarcerati senza accuse (pare), e molti stranieri che verranno rilasciati dietro cauzione. Rimangono ancora oggi 8 compagni (3 greci, 2 spagnoli, un inglese, un americano e un siriano) nelle celle di Salonicco e rischiano dai 7 ai 25 anni di carcere per devastazione, tentata strage e porto d’armi da guerra con prove false e in base alle testimonianze contraddittorie solo dei poliziotti. La solidarietà sarà la nostra arma per liberarli. Smash Fortress Europe! Per altre info: http://www.tmcrew.org/border0/news/12_salonicco.htm
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