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Mostar, 1993-2003
Il 9 novembre 1993 l’antico ponte turco di Mostar, lo Stari Most, simbolo di convivenza interreligiosa e già dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, fu bombardato e distrutto dall’esercito dei croati di Bosnia Erzegovina
autore Unità di Cooperazione Creativa
email a.bougleux@tin.it citta' jugoslavia data 09/11/2003
nome del file ngv_ju_ita_20031109_mostar01.mp4
durata 00:12:35 (hh:mm:ss) cd 34 grandezza 88.44 Mb lingua it mime type mpeg (video/mpeg) mp4 da visualizzare con VLC
http://www.ngvision.org/players.html Il 9 novembre 1993 l’antico ponte turco di Mostar, lo Stari Most, simbolo di convivenza interreligiosa e già dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, fu bombardato e distrutto dall’esercito dei croati di Bosnia Erzegovina. La città di Mostar ha ereditato dalla guerra una profonda spaccatura fra la comunità bosniaco-musulmana e quella cattolico-croata. Nel 1993 la città fu divisa in due settori: la parte orientale, sotto controllo dell’esercito fedele al governo di Sarajevo (ABiH), e quella occidentale, sotto controllo dell’esercito separatista dei croato-bosniaci (HVO) e del HDZ, suo braccio politico. Nel 1994, al momento del cessate il fuoco, Mostar era stata distrutta al novanta per cento, con più di tremila morti e oltre cinquantamila profughi. Fra il 1994 e il 1999 la città è passata sotto amministrazione diretta dell’UE, che ha lavorato per superare le divisioni e ripristinare un’amministrazione unica. Nonostante tutti gli sforzi, tuttavia, lo HDZ, riconosciuto responsabile della pulizia etnica in Erzegovina, è ancora saldamente al potere ed esercita ancora un peso determinante sulla vita della città. Non esistono ostacoli fisici allo spostamento delle persone fra una zona e l’altra, i ponti sono stati in gran parte ricostruiti i check point sono stati rimossi ormai da tempo. Anche i lavori di ricostruzione dello Stari Most, dopo un decennio di attesa, stanno per essere ultimati da un’impresa turca. Ma si tratta di un ponte, come scrive Paolo Rumiz, che non unisce più. La divisione della città è infatti tangibile nella lunga linea di macerie che corre lungo il fronte che ancora attraversa il centro della città e nell’uso spregiudicato degli opposti simbolismi religiosi. A Mostar Ovest la confraternita dei Francescani di Erzegovina, noti per l’intelligente gestione del giro d’affari di Medjugorje, ha edificato una colossale chiesa di cemento armato, in grado di ospitare oltre duemila persone. Il nuovo campanile con i suoi sessanta metri di altezza è diventato il nuovo simbolo della Mostar postbellica, mentre sulla montagna che chiude la valle verso sud è stata eretta una croce di metallo di 30 metri, visibile giorno e notte da chilometri di distanza. A est, intanto, sono state ripristinate gran parte delle moschee danneggiate dalla guerra (circa 16). La chiesa serbo-ortodossa che dominava la città dalle montagne di est è invece ancora ridotta a un immenso cumulo di rovine. Mostar 1993-2003 è una passeggiata sensoriale attraverso i resti di una conflitto non risolto e le incongruenze del dopoguerra, nel del decimo anniversario della distruzione dell’antico ponte turco simbolo della città e del dialogo spezzato fra oriente e occidente. Risorse: www.duepunti.org www.starimost.ba
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